LE ACCIUGHE TRA LE MONTAGNE
L'acciuga (Engraulis encrasicholus), o alice, è un pesce di tipo pelagico, vive in banchi molto numerosi e nuota trasportata dalle correnti. Il suo ciclo vitale si svolge prevalentemente lontano dal fondo marino. Nei mesi autunnali e invernali le acciughe vivono nelle profondità del mare intorno a 200 m, mentre nei periodi primaverili ed estivi si avvicinano molto alle coste. E' proprio in questo periodo, che di notte, i pescatori liguri e siciliani sulle lampare, barche dotate di lampade utilizzate per illuminare una porzione di mare, pescavano le acciughe, attraendo i pesci a galla per poi imprigionarli nelle reti.
Mentre gli acciugai della Valle Maira, a partire dai mesi autunnali, terminati i lavori nei campi, vendevano le acciughe e pesce conservato. La merce da vendere veniva comprata in Liguria. Vendevano il pesce sotto sale girovagando in tutto il Piemonte, in Lombardia e persino in Veneto ed Emilia.
Le diverse notizie sul commercio delle acciughe e del pesce conservato sotto sale già in tempi remoti non danno risposta del come e del perché si partisse proprio dalla Valle Maira. Ci si deve accontentare di supposizioni, alcune apparentemente più realistiche e probabili, altre forse più fantasiose, ma ugualmente possibili. I più ritengono che tutto abbia avuto origine dal commercio del sale, sul quale gravavano alti dazi: qualche mercante pensò di riempire in parte una botte di sale ponendovi sopra, per occultarlo agli occhi dei gabellieri, uno strato di acciughe salate. Per scoprire poi che la vendita di quelle acciughe procurava ugualmente un buon guadagno, così dal dedicarsi al nuovo commercio meno rischioso.
Da quel che si sa dai racconti dei vecchi, di solito partiva prima un capofamiglia, uno già esperto, che andava nei porti della Liguria a comprare la merce per poi portarla o spedirla in qualche città della pianura padana. Gli altri della famiglia, parenti o amici fidati, lo raggiungevano in quello che diveniva il loro campo base, punto di smistamento. Portavano con loro i caratteristici carretti, "i caruss", leggeri ma resistenti, costruiti tutti in valle e per lo più colorati d’azzurro. Durante i mesi invernali, in attesa di tornare al lavoro dei campi, giravano di quartiere in quartiere, di paese in paese, di cascina in cascina, per strade inghiaiate o innevate, nelle piatte campagne o nelle valli alpine, sempre tirando o spingendo il loro caruss carico di pesce salato, alla ricerca di qualche acquirente anche trenta e più chilometri al giorno; non sempre a sera si poteva tornare al magazzino con gli altri, si dormiva dove si trovava, magari offrendo in cambio qualche acciuga. Anche per i pasti ci si aggiustava, al risparmio, sovente buttando giù qualche acciuga sbattuta contro le aste del carretto per far cadere il sale. Un po’ per la sete dovuta a tutto quel sale e un po’ perché i migliori clienti erano gli osti, il vino inevitabilmente abbondava. Molti cominciavano da ragazzi, già verso i dodici anni: si cercava così di non essere di peso per la famiglia, ma non sempre per tutti il guadagno finiva col coprire le spese.
Per alcuni fu l’inizio di una fortuna: i più intraprendenti, scaltri o fortunati, ebbero modo di dar vita a dei veri imperi economici con numerosi dipendenti e aziende tutte loro di lavorazione del pesce, addirittura in Spagna.
E' forse la toponomastica dei paesini che compongono la Val Maira a fornirci un'ipotesi del perchè fosse stato da qui che partì il florido commercio delle acciughe. Moschieres, Cucchiales, Pagliares sono questi alcuni dei nomi dei piccolissimi borghi che incontriamo in questa valle; nomi dalla chiara origine spagnola e provenzale. Furono forse i Saraceni che, a partire dal 900 d.C., dopo aver attraversato la Provenza e saccheggiato il Piemonte, probabilmente stanchi delle guerre, decisero di nascondersi tra i boschi della Val Maira. Forse furono loro a portare le acciughe e furono probabilmente loro a riprenderle ogni anno. Ciò che è certo è che le acciughe servivano a nascondere il sale delle miniere di Salon de Provence che era sottoposta a ingenti dazi doganali. Dalla Val Maira gli uomini scendevano verso il mare per scambiare la tela di canapa col pesce salato. Giorni di viaggio a piedi o a dorso di mulo per commerciare coi pescatori liguri, che non avevano soldi per pagare. Così i montanari accettarono il cambio in natura e scoprirono poi che l’acciuga si vendeva bene nelle città che incontravano sulla via del ritorno. Dal Settecento nacque un commercio costante che si estese a Langhe, Monferrato, Cuneese e Vercellese, diventando una buona fonte di reddito per la gente delle montagne. Nel secondo dopoguerra, la maggior parte abbandonò definitivamente il paese d’origine e scese in pianura per dedicarsi esclusivamente al commercio. Non più il carretto, ma mezzi a motore, via via più comodi e attrezzati.
Ancora oggi è possibile trovare qualche acciugaio originario della Valle Maira tra i banchi del mercato, ma sono sempre più rari. Era ed è un lavoro duro, così in pochi hanno continuato il mestiere dei padri: grazie al benessere economico raggiunto hanno preferito dedicarsi a impieghi più comodi. Invece, molti di quelli che non hanno abbandonato la via percorsa da generazioni sono ora titolari di luccicanti negozi o di aziende che hanno ripreso la tradizione e lavorano artigianalmente questo prodotto. Un esempio è l'azienda spagnola di origini siciliane, San Filippo, che pesca le sardine sulle coste del Mar Cantabrico e lavora le acciughe pulendole una ad una; il pesce a questo punto viene salato e messo sotto una pressa di pietra per circa tre mesi; dopodiché, inizia un processo di maturazione sotto sale che arriva fino a due anni; infine, vengono sistemate nelle scatole di latta a mano. Tutto il processo è artigianale ed il risultato è tra i più raffinati e prelibati.